TRANSLATE

giovedì 5 luglio 2012

Gli Squali all’Opera

Gli Squali all’Opera


by Red Proof
“È un fatto psicologico; se qualcuno grida ‘Barracuda!’ tutti fanno ‘Eh, cosa?’, ma se qualcuno grida ‘Squalo!’ significa il finimondo” dice il sindaco Vaughn al poliziotto Martin Brody (Roy Scheider) in THE SHARK. Ma niente fondali bassi e sabbiosi, questo non è il mare prospiciente l’isola di Martha’s Vineyard dove nel 1975 Spielberg girò “Lo Squalo”. Siamo a Milano, nello specchio d’acqua agitato che separa Palazzo Marino dal Teatro alla Scala. Personaggi e trama sono però mutuabili. Il sovrintendente Stephane Lissner è lo squalo dai denti affilati, come del resto dice il suo soprannome. E’ una creatura meccanica al pari di quello costruito per girare le scene, e i cui continui malfunzionamenti fanno lievitare i costi di produzione così come accadde per la realizzazione del film nel 1975. Francesco Micheli interpreta Martin Brody, capo della polizia locale a caccia del feroce esemplare; il Pd milanese, la comunità dell’immaginaria di Amity Island, desiderosa di liberarsi del predatore. Infine, Pisapia è il sindaco dell’isola, preoccupato che la presenza dello squalo gli rovini la stagione turistica.
Ma ricapitoliamo un attimo. Il 18 giugno scorso, in concomitanza della sua riconferma alla guida del teatro, il sovrintendente del teatro Stephane Lissner annuncia a mezzo conferenza stampa la decisione di decurtarsi lo stipendio del 10% assieme ad altri undici dirigenti. Non fosse che pochi giorni dopo la Repubblica gli fa i conti in pancia: lo squalo divora 449mila euro di retribuzione fissa; 155 mila sulla base dei risultati raggiunti; 200mila costano alla Scala il suo Tfr più gli altri oneri contributivi, e 85mila l’affitto dell’appartamento in piazza del Carmine. Uguale 1.000.000 di euro. Più Bmw con autista, carta di credito aziendale illimitata, indennità trasferte con diaria da plenipotenziario, e 300mila di buonuscita, come (ma non all’unanimità) deliberato nell’ultimo CdA Scala. Morale: salta fuori che Lissner taglia sì il proprio stipendio, ma solo sulla base della retribuzione fissa, quindi se lo riduce di 45mila euro; e che nel 2012 incasserà un premio di 80mila euro.
Oggi emerge che gli undici dirigenti scaligeri vogliano sconfessare l’accordo. “Lui s’è preso il merito noi paghiamo” grugnendo. “Sacrifici impari, a questo punto meglio riparlarne. Come? Io guadagno una miseria e dovrei ridurmi lo stipendio?” (E anche qui, tra remunerazioni, premi auto-distribuitisi, macchine blu, contratti telefonici, benefit vari e privilegi eventuali dei dirigenti Scala, Pisapia e Tabacci in quanto a spending review avrebbero moltissimo da scoperchiare, ed è bene comincino a farlo, perché i lavoratori del teatro non sembrano intenzionati a sopportare oltre, soprattutto a fronte delle condizioni di lavoro instaurate da Lissner.
Fiocinato dalla Cgil, che in una lettera a Pisapia chiede trasparenza sui compensi del sovrintendente, il sindaco dice: “Non immaginavamo fossero così alti, soprattutto in un momento di grande incertezza come questo.” dice il segretario milanese Giancarlo Albori. Attaccato con una manovra a tenaglia dalle pagine milanesi di Repubblica e del Corriere della sera; e – seppur strumentalmente in funzione anti-Pisapia – da Robertino Formigoni su Twitter (“il più alto dirigente regionale, con ben altre responsabilità, guadagna meno d’un quarto di Lissner”), lo squalo dell’opera comincia a puzzare dalla coda. Un gossip interno vuole che alla fine della tradizionale riunione di fine stagione per gli auguri di buone ferie, ascoltate le sue parole, buona parte di manager, dirigenti e capireparto presenti se ne sia andata senza nemmeno stringergli la pinna.
Nel frattempo si è anche aperto il tavolo sul contratto unico Scala tra Uil, Cisl e Fials e i vertici del teatro. Minacciato uno sciopero, i due sindacati confederali e il terzo autonomo hanno ottenuto subito lo sblocco dei permessi artistici per gli orchestrali e i coristi. Riguardo alla trattativa, stando ad alcune voci bene informate, Pisapia sembrerebbe intenzionato a lavorare con chi costruisce. Frase che secondo quanto scrive oggi la Repubblica si può interpretare come una frecciata alla Cgil, che nei giorni del referendum di Cisl e Uil ne aveva indetto uno proprio, chiedendo ai dipendenti se fossero favorevoli alla firma del contratto nazionale (sì 519; no 25; schede bianche 9). Sul contratto unico per ora la Cgil tace. “Non abbiamo notizie ufficiali. Se fosse così, la reazione sarebbe molto dura” si limita a dichiarare Albori, responsabile del sindacato rosso alla Scala.
Speriamo non sia così. Pisapia tuttavia sembra voler ignorare i quesiti del referendum Cgil (partecipanti 553) per schierarsi a favore di quello indetto da Cisl, Uil e Fials, con 465 partecipanti, perciò un bella fetta di lavoratori in meno. Forse è deciso a emulare Chiamparino, sindaco Pd di Torino quando sostenne il referendum Marchionne alla Fiat?
In attesa che valuti a fondo e con estrema attenzione e coscienza la situazione, ben al sicuro dentro la sua gabbia anti-squalo, bisognerà che il Comune visioni le carte relative al bilancio nonché del prossimo consiglio di amministrazione della Scala. Intanto sarebbe l’ora che i milanesi si svegliassero per salvare il teatro della città da privatizzazioni striscianti e comportamenti antisindacali.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.