Con una lettera pubblicata sui siti di movimento, gli Scala Workers, ribattono seccamente ai diktat del premier Renzi che ieri s’è detto «pronto a tutto» pur di inaugurare il primo maggio, con la Turandot diretta da Riccardo Chailly alla Scala quell’impasto di speculazione edilizia, consumo di suolo, ambiente e diritti, di favori alle multinazionali e appalti mafiosi che per brevità possiamo chiamare Expo.
La vicenda incrocerà, quel giorno, la May Day Internazionale contro Expo – mega eventi – grandi opere – precarietà e sfruttamento. La street parade dei precari, dei lavori alla catena, del sindacalismo conflittuale, dei movimenti sociali, potrebbe diventare quest’anno un reale momento di convergenza delle resistenze sociali coagulandosi attorno al No Expo. Anche perché sarà la più grande edizione della MAY DAY mai vista. Da tutta Europa arriveranno i rappresentanti di quel popolo massacrato dalle politiche di austerità dell’Unione Europea, della BCE e della Merkel e del Fondo Monetario Internazionale. Migliaia di disoccupati, precari, pensionati ridotti alla fame, sfrattati, senza casa, migranti, lavoratori sfruttati, esodati, sindacati di base ed associazioni, NO TAV, NO TRIV, ambientalisti, centri sociali, … si troveranno scandendo May Day, May Day. «Vorremmo che a questo grande evento di popolo partecipassero anche tutti i dipendenti del Teatro Alla Scala», chiede la Cub.
«Il 18 febbraio al direttivo
nazionale cgil sarà battaglia. Stiamo con i lavoratori e le lavoratrici
della Scala», dice Sergio Bellavita, coordinatore del Sindacato è
un’altra cosa, l’opposizione interna della Cgil, «dall’Expo’ 2015 una
chiamata alla guerra generale contro i lavoratori e i loro diritti»
«Non lavoreremo – scrivono i lavoratori – semplicemente perché siamo
lavoratori e il Primo Maggio è la nostra festa comandata. Giornata di
fratellanza universale, devozione e appartenenza a una storia condivisa
da milioni e milioni di lavoratori in tutto il mondo da generazioni
(…)Non lavoreremo perché crediamo nei legami di solidarietà che
trasformano le scelte individuali in scelte collettive; nel lavoro come
strumento d’emancipazione e partecipazione sociale. Soprattutto oggi,
che il lavoro è tornato a essere una merce comprata al minor prezzo e a
minor tutele possibili sul mercato; che nella nuova alfabetizzazione
servile i diritti si chiamano privilegi, infangando la memoria di chi
per questi diritti ha lottato, s’è sacrificato, è andato in prigione, ha
dato la vita. Diritti collettivamente conquistati a duro prezzo, di
conseguenza a duro prezzo collettivamente da difendere».Al sindaco Pisapia, che qualche giorno fa ha chiesto loro «una riflessione ulteriore» viene risposto che «è più di un anno che riflettiamo e facciamo comunicati dicendo che per noi la Turandot può andare pacificamente in scena il 2 maggio».
Sembra un personaggio siloniano, l’avvocato padronale di Fontamara, il segretario Slc Cgil milanese, Paolo Puglisi, quando propone di lavorare ma dedicando la rappresentazione ai morti sul lavoro ma «l’unico modo di valorizzare la festa del Primo Maggio – scrivono gli Scala Workers – è non lavorare, nel totale rispetto della sua natura e storia, che la CGIL dovrebbe avere ben nota. A Puglisi diciamo che è meschino e squallido fare beneficenza sulla pelle degli altri. Meschino e squallido fare demagogia sulle morti bianche per comandarci al lavoro. Davvero una strana concezione del sindacato quella secondo cui chi dovrebbe rappresentare l’interesse dei lavoratori si schiera non solo contro la loro volontà, ma contro la propria storia, quella del Primo Maggio socialista e comunista». Anche a Bergamo, al direttivo Cgil, il segretario dei trasporti propone un patto anti-sciopero per Expo.
L’attitudine concertativa della Cgil e dei suoi partner confederali ha già prodotto quel mostro di accordo, al tempo del governo Letta, per cui dei 20mila lavoratori di Expo ben 18500 saranno “volontari” pagati a tramezzini e biglietti del metro, gli altri saranno sottopagati.
Il governo non avrebbe alcuna remora a ‘precettare’ (ma il primo maggio è “semplicemente un giorno di festa) i dipendenti della Scala visto anche il valore simbolico di una cerimonia di gala che tessa le lodi del governo e dell’Expo svuotando di senso la festa dei lavoratori nell’anno del jobs act. Per ragioni simili la Scala è da mezzo secolo il luogo simbolo dello squilibrio tra il mondo di sopra, che va in scena ogni anno alla sua inaugurazione, e chi da fuori contesta le disuguaglianze sociali e il malaffare.
Cisl, Fials e Uil hanno dato la disponibilità a lavorare. La Cgil ribatte che il primo maggio è un diritto «indisponibile», come ha sancito la Corte di Cassazione. Il che significa che ciascuno può decidere se lavorare o meno (e non si tratta di scioperare ma semplicemente di un giorno di festa). Il sovrintendente Alexander Pereira ha chiesto ai dipendenti di firmare entro il 31 gennaio una lettera per dare la disponibilità a lavorare. Queste buste però non sono state ancora aperte e per ora non ci sono dati ufficiali. Orchestra e coro da tempo hanno detto di essere pronti a suonare. Un paio di mesi fa hanno firmato una lettera con circa 200 adesioni. Diversa la situazione fra i tecnici, soprattutto elettricisti, dove molti sono gli iscritti a Cgil e Cub. Finora non sono serviti gli appelli a far cambiare loro idea, nemmeno quello della segretaria nazionale Cgil Susanna Camusso. Ne quelli dei vertici milanesi. Vale la pena ricordare il tono e le parole di Renzi a tutti coloro che lo hanno votato credendo fosse un argine a eventuali torsioni autoritarie berlusconiane: «Se c’è una qualche minoranza che pensa di poter bloccare, non in nome del sacrosanto diritto di sciopero, ma dell’inaccettabile diritto di boicottaggio di quell’evento sappia che siamo pronti a tutto», ha giurato l’autore del jobs act. Una soluzione ragionevole ci sarebbe: «La Direzione sposti la data della prima di Turandot al 2 maggio, Tanto più che l’inaugurazione di Expo 2015 non è – né è mai stata – il 1° maggio, ma il 30 aprile, con il concerto Andrea Bocelli. Ma se insiste a perseverare nella perniciosa richiesta, il problema è tutto suo. Direzione che in questa vicenda aveva prima negato che si dovesse lavorare il 1° maggio (con il vecchio Sovrintendente Lissner), quindi con Pereira ha tergiversato, per poi infine mettere tutti davanti al fatto compiuto. Credo non ci sia molto da aggiungere, se non buon Primo Maggio di festa a tutti»
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