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venerdì 4 luglio 2014

DEMOCRAZIA E LAVORO Minoranza Congressuale CGIL


DEMOCRAZIA E LAVORO
Minoranza Congressuale CGIL


Con l'elezione della nuova segreteria nazionale della CGIL è stata ribadita una scelta di chiusura e di autoconservazione del gruppo dirigente, che non tiene conto del pluralismo di posizioni e del malessere che hanno attraversato lo svolgimento dei congressi a tutti i livelli, compreso il Congresso Nazionale.

Non c'è stato, anzi è stato negato alcun momento di riflessione sullo svolgimento del Congresso Nazionale, sul risultato delle votazioni, sul livello di esasperazione che ha determinato per alcune ore la sospensione di fatto del congresso, per cercare soluzioni che evitassero la rottura della nostra Organizzazione.

Si è scelto il nulla, come se non fosse successo niente.


Una scelta irresponsabile a fronte della gravità della situazione sociale e delle evidenti difficoltà della nostra Organizzazione.

Le ragioni che ci hanno portato durante lo svolgimento del Congresso Nazionale alla presentazione della lista 2, che aveva come riferimento gli emendamenti al documento “Il lavoro decide il futuro”, e il giudizio negativo sull'accordo del 10 gennaio 2014 “ Testo Unico sulla Rappresentanza”, vengono in questo modo confermate.

Non è possibile pensare di cancellare le diverse posizioni esistenti, con una torsione autoritaria nella gestione dell'Organizzazione.

Per fare vivere queste diverse posizioni stante gli strumenti previsti dallo Statuto, non ci resta che la nostra ufficializzazione come “minoranza congressuale della CGIL”.

I contenuti dei nostri emendamenti – previdenza; democrazia; welfare; diritti; contrattazione – e l'opposizione al “Testo Unico sulla Rappresentanza” disegnano il nostro terreno di iniziativa e di approfondimento di un'altra idea della CGIL.

Il collante che tiene insieme questi obiettivi e che caratterizza il nostro impegno in CGIL è la necessità di un profondo cambiamento nella definizione stessa di questi obiettivi e nella pratica da adottare per la loro realizzazione.

Rivendicare cambiamento significa pensare concretamente ad una possibilità di futuro per la CGIL:
l'arroccamento burocratico, autoreferenziale e conservativo vuole dire l'ininfluenza, la marginalità, la sconfitta per i lavoratori e le lavoratrici, i giovani precari e disoccupati, i pensionati.

Continuiamo a pensare che anche nel terzo millennio ci sia bisogno di Sindacato: il tema oggi è quale Sindacato, come il Sindacato struttura e organizza la sua rappresentanza, come la esercita, su quali obiettivi, su quale progetto di cambiamento della società e dell'Europa.

Non è più possibile negare la dimensione e la profondità della crisi della CGIL.
L'illusione che l'affannosa ricerca della “sponda istituzionale” fosse sostitutiva della pratica contrattuale e rivendicativa perseguendo nel corso di questi anni la logica del meno peggio, della riduzione del danno, ci ha portato alla cancellazione di tutte le conquiste degli anni 60' e 70' senza alcun reale contrasto sociale e che oggi ci consegna un quadro legislativo e contrattuale finalizzato alla aziendalizzazione del Sindacato, al Sindacato di mercato.

La concertazione è finita da tempo, quello che adesso è saltato con il nuovo Governo è la sua variabile degenerativa che perseguiva il rapporto con una forza politica o ancora peggio con una parte di esso, come “sponda emendativa”, rispetto alle scelte che venivano compiute dal Governo senza capire nulla delle dinamiche in atto nelle nostre controparti a livello nazionale ed europeo.

Abbiamo in questo modo accompagnato il processo sociale che ha determinato l'attuale situazione.

Il Congresso è stata la plastica rappresentazione di tutto ciò, di un gruppo dirigente che ha scelto di non misurarsi con l'apertura di un reale confronto, un gruppo dirigente che non è disposto a mettersi in discussione per preservare se stesso, le sue logiche interne, che sempre più in assenza della politica sono quelle promozionali degli esercizi di fedeltà, dell'utilizzo degli strumenti di gestione dell'Organizzazione, fino a metterne in pericolo la stessa unità che al congresso è stata evitata grazie all'intervento di importanti strutture della nostra Organizzazione.

Noi vogliamo continuare a fare vivere in tutta la CGIL le diverse posizioni, utilizzando tutti gli strumenti disponibili.



Cosa vogliamo essere?

  • Siamo coloro che (come si evince dagli emendamenti portati in discussione nelle assemblee congressuali di base) fanno del cambiamento del Sindacato Confederale la ragione principale della loro azione. Con ciò intendendo un cambiamento che coinvolga non solo le strategie e le politiche della CGIL relative alla democrazia sindacale, alla contrattazione, che deve garantire diritti a prescindere dalla tipologia contrattuale, al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali, al reddito minimo, alla scuola e alla formazione, al welfare (sanità, previdenza), ai beni comuni, ma anche il suo modo di essere, la sua organizzazione democratica, la trasparenza della sua azione politica, organizzativa e amministrativa, la sua indipendenza e autonomia nel rapporto con il padronato e il quadro politico.

  • Siamo coloro che vogliono dare vita e continuità a una iniziativa nuova e aperta, non all'unione burocratica di esperienze che, per quanto importanti e significative, appartengono ad una fase ormai conclusa. Per questa ragione siamo interessati alla discussione più ampia possibile, senza steccati e posizioni precostituite.

  • Vogliamo interloquire dentro e fuori l'Organizzazione, con grande libertà e capacità di movimento, al fine di realizzare compiutamente quella discussione e quella azione di discontinuità strategica che la CGIL continua a non fare. Per questo intendiamo avvalerci della facoltà prevista dallo Statuto che riconosce i diritti delle minoranze congressuali, definendo gli strumenti a loro disposizione, quali le agibilità sindacali, gli strumenti interni dell'Organizzazione, il diritto di proposta per le sostituzioni negli organismi dirigenti.

  • Con questa scelta vogliamo dare vita a un luogo che dia visibilità al pluralismo di posizioni che vivono tra gli iscritti della CGIL, e che, a partire dalle assemblee congressuali di base, hanno avuto un consenso ben superiore a quello effettivamente riconosciuto nella composizione nella platea congressuale nazionale. Tale luogo deve essere di iniziativa sindacale, di libera discussione, di ricerca, di scambio di esperienze, di monitoraggio e di difesa del pluralismo in tutte le sedi, comprese quelle decisionali dell'Organizzazione.

  • A questo obiettivo occorre rapportare il modo di organizzare il nostro lavoro che deve essere il più libero, partecipato e collegiale possibile, in grado di coinvolgere tutti coloro che guardano con interesse alla nostra battaglia. Un atteggiamento inclusivo e idoneo a liberare e utilizzare tutte le potenzialità che aspirano ad esprimersi nella ricerca e nella azione politica, volta al cambiamento della CGIL. Un atteggiamento che faccia del rinnovamento la molla per recuperare un dialogo che si sta spegnendo con i nuovi lavoratori e con i giovani più in generale.

  • Vogliamo attivare a tutti i livelli dell'Organizzazione, una modalità di lavoro che incalzi e coinvolga l'insieme della CGIL e la costringa a misurarsi con il cambiamento necessario e urgente a difendere e rilanciare, nel mutato mondo contemporaneo, la dimensione di Sindacato Confederale Generale, che basa la sua forza sulla rappresentanza collettiva e sulla funzione contrattuale. Un Sindacato per risalire la china, per modificare l'attuale sfavorevole rapporto di forze e una sua percezione critica assai diffusa nella società italiana,partendo dal rapporto con le lavoratrici e i lavoratori, dalla democrazia e dalla partecipazione, lavorando al coinvolgimento reale di ogni settore di un mondo del lavoro sempre più frantumato e disperso.

In previsione della Conferenza di Organizzazione della CGIL prevista per il prossimo anno è necessario aprire da parte nostra un confronto ed una ricerca collettiva a tutto campo sulla democratizzazione della CGIL, sui processi di formazione dei gruppi dirigenti, della partecipazione dei delegati e degli iscritti nelle decisioni, sulla trasparenza nell'uso delle risorse e la loro distribuzione ai vari livelli.

Insomma si tratta di aprire una sfida democratica perchè non esiste futuro per un Sindacato che non sia radicalmente democratico.