DEMOCRAZIA
E LAVORO
Minoranza
Congressuale CGIL
Con
l'elezione della nuova segreteria nazionale della CGIL è stata
ribadita una scelta di chiusura e di autoconservazione del gruppo
dirigente, che non tiene conto del pluralismo di posizioni e del
malessere che hanno attraversato lo svolgimento dei congressi a tutti
i livelli, compreso il Congresso Nazionale.
Non
c'è stato, anzi è stato negato alcun momento di riflessione sullo
svolgimento del Congresso Nazionale, sul risultato delle votazioni,
sul livello di esasperazione che ha determinato per alcune ore la
sospensione di fatto del congresso, per cercare soluzioni che
evitassero la rottura della nostra Organizzazione.
Si
è scelto il nulla, come se non fosse successo niente.
Una
scelta irresponsabile a fronte della gravità della situazione
sociale e delle evidenti difficoltà della nostra Organizzazione.
Le
ragioni che ci hanno portato durante lo svolgimento del Congresso
Nazionale alla presentazione della lista 2, che aveva come
riferimento gli emendamenti al documento “Il lavoro decide il
futuro”, e il giudizio negativo sull'accordo del 10 gennaio 2014 “
Testo Unico sulla Rappresentanza”, vengono in questo modo
confermate.
Non
è possibile pensare di cancellare le diverse posizioni esistenti,
con una torsione autoritaria nella gestione dell'Organizzazione.
Per
fare vivere queste diverse posizioni stante gli strumenti previsti
dallo Statuto, non ci resta che la nostra ufficializzazione come
“minoranza congressuale della CGIL”.
I
contenuti dei nostri emendamenti – previdenza; democrazia; welfare;
diritti; contrattazione – e l'opposizione al “Testo Unico sulla
Rappresentanza” disegnano il nostro terreno di iniziativa e di
approfondimento di un'altra idea della CGIL.
Il
collante che tiene insieme questi obiettivi e che caratterizza il
nostro impegno in CGIL è la necessità di un profondo cambiamento
nella definizione stessa di questi obiettivi e nella pratica da
adottare per la loro realizzazione.
Rivendicare
cambiamento significa pensare concretamente ad una possibilità di
futuro per la CGIL:
l'arroccamento
burocratico, autoreferenziale e conservativo vuole dire
l'ininfluenza, la marginalità, la sconfitta per i lavoratori e le
lavoratrici, i giovani precari e disoccupati, i pensionati.
Continuiamo
a pensare che anche nel terzo millennio ci sia bisogno di Sindacato:
il tema oggi è quale Sindacato, come il Sindacato struttura e
organizza la sua rappresentanza, come la esercita, su quali
obiettivi, su quale progetto di cambiamento della società e
dell'Europa.
Non
è più possibile negare la dimensione e la profondità della crisi
della CGIL.
L'illusione
che l'affannosa ricerca della “sponda istituzionale” fosse
sostitutiva della pratica contrattuale e rivendicativa perseguendo
nel corso di questi anni la logica del meno peggio, della riduzione
del danno, ci ha portato alla cancellazione di tutte le conquiste
degli anni 60' e 70' senza alcun reale contrasto sociale e che oggi
ci consegna un quadro legislativo e contrattuale finalizzato alla
aziendalizzazione del Sindacato, al Sindacato di mercato.
La
concertazione è finita da tempo, quello che adesso è saltato con il
nuovo Governo è la sua variabile degenerativa che perseguiva il
rapporto con una forza politica o ancora peggio con una parte di
esso, come “sponda emendativa”, rispetto alle scelte che venivano
compiute dal Governo senza capire nulla delle dinamiche in atto nelle
nostre controparti a livello nazionale ed europeo.
Abbiamo
in questo modo accompagnato il processo sociale che ha determinato
l'attuale situazione.
Il
Congresso è stata la plastica rappresentazione di tutto ciò, di un
gruppo dirigente che ha scelto di non misurarsi con l'apertura di un
reale confronto, un gruppo dirigente che non è disposto a mettersi
in discussione per preservare se stesso, le sue logiche interne, che
sempre più in assenza della politica sono quelle promozionali degli
esercizi di fedeltà, dell'utilizzo degli strumenti di gestione
dell'Organizzazione, fino a metterne in pericolo la stessa unità che
al congresso è stata evitata grazie all'intervento di importanti
strutture della nostra Organizzazione.
Noi
vogliamo continuare a fare vivere in tutta la CGIL le diverse
posizioni, utilizzando tutti gli strumenti disponibili.
Cosa
vogliamo essere?
- Siamo coloro che (come si evince dagli emendamenti portati in discussione nelle assemblee congressuali di base) fanno del cambiamento del Sindacato Confederale la ragione principale della loro azione. Con ciò intendendo un cambiamento che coinvolga non solo le strategie e le politiche della CGIL relative alla democrazia sindacale, alla contrattazione, che deve garantire diritti a prescindere dalla tipologia contrattuale, al mercato del lavoro, agli ammortizzatori sociali, al reddito minimo, alla scuola e alla formazione, al welfare (sanità, previdenza), ai beni comuni, ma anche il suo modo di essere, la sua organizzazione democratica, la trasparenza della sua azione politica, organizzativa e amministrativa, la sua indipendenza e autonomia nel rapporto con il padronato e il quadro politico.
- Siamo coloro che vogliono dare vita e continuità a una iniziativa nuova e aperta, non all'unione burocratica di esperienze che, per quanto importanti e significative, appartengono ad una fase ormai conclusa. Per questa ragione siamo interessati alla discussione più ampia possibile, senza steccati e posizioni precostituite.
- Vogliamo interloquire dentro e fuori l'Organizzazione, con grande libertà e capacità di movimento, al fine di realizzare compiutamente quella discussione e quella azione di discontinuità strategica che la CGIL continua a non fare. Per questo intendiamo avvalerci della facoltà prevista dallo Statuto che riconosce i diritti delle minoranze congressuali, definendo gli strumenti a loro disposizione, quali le agibilità sindacali, gli strumenti interni dell'Organizzazione, il diritto di proposta per le sostituzioni negli organismi dirigenti.
- Con questa scelta vogliamo dare vita a un luogo che dia visibilità al pluralismo di posizioni che vivono tra gli iscritti della CGIL, e che, a partire dalle assemblee congressuali di base, hanno avuto un consenso ben superiore a quello effettivamente riconosciuto nella composizione nella platea congressuale nazionale. Tale luogo deve essere di iniziativa sindacale, di libera discussione, di ricerca, di scambio di esperienze, di monitoraggio e di difesa del pluralismo in tutte le sedi, comprese quelle decisionali dell'Organizzazione.
- A questo obiettivo occorre rapportare il modo di organizzare il nostro lavoro che deve essere il più libero, partecipato e collegiale possibile, in grado di coinvolgere tutti coloro che guardano con interesse alla nostra battaglia. Un atteggiamento inclusivo e idoneo a liberare e utilizzare tutte le potenzialità che aspirano ad esprimersi nella ricerca e nella azione politica, volta al cambiamento della CGIL. Un atteggiamento che faccia del rinnovamento la molla per recuperare un dialogo che si sta spegnendo con i nuovi lavoratori e con i giovani più in generale.
- Vogliamo attivare a tutti i livelli dell'Organizzazione, una modalità di lavoro che incalzi e coinvolga l'insieme della CGIL e la costringa a misurarsi con il cambiamento necessario e urgente a difendere e rilanciare, nel mutato mondo contemporaneo, la dimensione di Sindacato Confederale Generale, che basa la sua forza sulla rappresentanza collettiva e sulla funzione contrattuale. Un Sindacato per risalire la china, per modificare l'attuale sfavorevole rapporto di forze e una sua percezione critica assai diffusa nella società italiana,partendo dal rapporto con le lavoratrici e i lavoratori, dalla democrazia e dalla partecipazione, lavorando al coinvolgimento reale di ogni settore di un mondo del lavoro sempre più frantumato e disperso.
In previsione della Conferenza di
Organizzazione della CGIL prevista per il prossimo anno è necessario
aprire da parte nostra un confronto ed una ricerca collettiva a tutto
campo sulla democratizzazione della CGIL, sui processi di formazione
dei gruppi dirigenti, della partecipazione dei delegati e degli
iscritti nelle decisioni, sulla trasparenza nell'uso delle risorse e
la loro distribuzione ai vari livelli.
Insomma si tratta di aprire una
sfida democratica perchè non esiste futuro per un Sindacato che non
sia radicalmente democratico.